le mie 4 disavventure più SURREALI all'estero




In questi 20 anni e passa di vita d'expat di disavventure SURREALI ne ho avute parecchie. Forse troppe. Ecco le quattro assolutamente più ridicole e assurde:

1) LA PESTE A LONDRA 
Situazione: arrivata da poco a Londra, settembre 1998, anni 25, fresca di laurea e con un contratto di stage Leonardo in mano. La mia valigia risulta introvabile all'aeroporto di London Stansted e da una settimana vado avanti a docce frenetiche, con indumenti che lavo a mano, profumata come una margherita di campo ma stressata e assonnata come un party animal.
Dormo poco; in compenso lavoro molto - stage in Public Relations rigorosamente NON pagato dal tour operator italiano con cui ho disgraziatamente firmato un contratto di internship - e le notti sono brevi e rumorose. Oltre ai coinquilini focosi (una spagnola e un olandese dediti alla non-stop gym) scopriamo di avere altri coinquilini. Meno focosi ma senz'altro laboriosi. E prolifici. Una squadra affiatatissima di TTC - Teneri Topini di Campagna.

Un giorno vado ad aprire la cassetta della posta. Immaginate la situazione - sono in un suburb malfamato di Londra, ho ancora seri problemi ad attraversare la strada guardando dalla parte sbagliata (ops, giusta!) e in preda a una seria sindrome da stanchezzatura (stanchezza+incazzatura) cronica perché la notte invece di dormire sento non solo quelli allegri del piano di sotto ma anche la fauna grigia sgattaiolare lesta sotto le porte, insinuarsi sotto la moquette e grattare intrepida la porta di legno. 
È mattina, sto per andare al lavoro e vedo una lettera abbandonata di fronte alla porta d'ingresso - lo sapete tutti che in UK la posta atterra direttamente in casa da una fessura posta sulla porta d'ingresso no? Esamino il mittente - il Comune di Londra. Leggo la breve epistola: hanno fissato un appuntamento per effettuare un...
PEST CONTROL

VADE RETRO EPIDEMIA!

NO. NO!! PEST!!- la peste! Inizio a urlare e salire le scale istericamente, in preda a un DCI (Delirio da Catastrofe Imminente), spalanco la porta della stanza della coinquilina spagnola e grido in preda al panico più totale "The PEST is coming back!! Lourdes, we are all dying, the pest is coming back!!". E le sventaglio la lettera sotto al naso. Lei la legge in fretta, si dà una manata in fronte, sgancia una bestemmia in catalano e mi abbraccia forte. 
Piangiamo. Esauste. Hopeless. Siamo spacciate.
“Mantieni la calma,” disse il bruco.
(Lewis Carroll)
Scopriamo solo l'indomani, dopo 6 ore di sonno ristoratore e un provvidenziale riassestamento di neuroni, che pest control significa DISINFESTAZIONE. Null'altro. Ma il pomeriggio l'avevamo ormai passato a piangere, scrutare la pelle in cerca di bubboni, scrivere bozze di testamenti da distribuire a cani, gatti e parenti. 

2)  IL RATTOFILO DELLA VESTFALIA

Situazione - progetto Erasmus, studentato di Bonn Bad Godesberg (verde e ligio quartiere delle ambasciate tedesche), primi tempi. Sono seduta tranquillamente nella cucina comune, intenta a spalmare un grasso e viscosissimo Schmierkäse (formaggio spalmabile) sul pane nero e duro. Mi sto godendo il paesaggio ove scorgo un giulivo scoiattolo che saltella allegro da un cespuglio smeraldo all'altro. Penso contenta "Ah che Paese. Ah che pulizia. Che civiltà. Ho fatto TROPPO BENE a venire in Germania." In quel preciso frangente sento sbattere la porta della credenza... mi giro ma non c'è nessuno. 


Mah. 
Poi la porta si apre repentinamente ed esce un RATTO dalla foggia singolarissima - naso dalla punta tonda e nera, baffo ispido e lungo, corpo snello, tonico e scattante. E lungo. LUNGO! Mi guarda per una frazione di secondo con aria indifferente, quindi "bam!" la porta sbatte di nuovo e lui si rifugia nei suoi "appartamenti". Leggete: anta sinistra della credenza, lì dove sono riposti i piatti. I PIATTI-TI-TI.
Come sempre in preda al PIT (Panico Italico Totale), condizione aggravata dalla giovane età (23 anni) e dalla mancanza di esperienza all'estero (primo soggiorno lungo), commetto un errore grossolano. Vado a PARLARE del problema con la prima persona che mi capita a tiro. Leggi: il vicino di stanza. Tale Arno - come il fiume nostrano - studente di Fisica dall'espressione folle, il fisico dinoccolato e gli occhiali spessi e luridi. 
La persona meno adatta con cui sfogarsi in un momento di isterico terrore.


Busso forte alla porta, quello esce con aria stralunata, il ciuffo unticcio incollato alla fronte e i denti grossi e sporgenti. (Da roditore). Gli bofonchio con il mio tedesco allora fantasista che "Es gibt eine eckelhafte grosse Maus in der Küche" (c'è un ratto grosso e schifoso in cucina) condendo il tutto con una serie di gesti scomposti che catturano la sua attenzione. Poi aggiungo "Gift, wir müssen GIFT kaufen, wo kann ich Gift finden??" (Dobbiamo comprare il VELENO, dove posso trovare il veleno??). La frase ha un effetto energizzante: lui sembra ridestarsi dal torpore, spalanca gli occhi e stupito mi fa "Warum sollen wir die Maus töten? Sie tut doch nichts." (Perché dovremmo uccidere il topo? Porello, non fa niente"). In quel momento sento la terra sprofondare sotto i piedi, vorrei prendere il mattarello e darlo in testa ad Arno, ma la situazione è talmente surreale, e mi sento talmente al POSTO SBAGLIATO che mi sembra di vivere in un mondo parallelo e contrario - Verkehrte Welt



Mi torna in mente lo scarafaggio obbrobrioso di Kafka, ecco, sono Gregor Samsa della Metamorfosi, io strana e LORO giusti, e allora me ne torno in cucina con la coda tra le zampette. (Cucina che poi avrei BOICOTTATO per sempre). Eh già, perché parlando con un'altra studentessa noto lo stesso alienante atteggiamento di serena accettazione della bestiola, tanto che inizio a convincermi che dovrei cambiare  mentalità io. 
Del resto, avrei iniziato a capire solo allora che ciò che conta in quel Paese è il rispetto delle regole, l'osservanza delle norme sociali. Se non c'è scritto da nessuna parte che dobbiamo AMMAZZARE il topo, perché mai DOVREMMO farlo?

"GEHE RAUS UND DENK NICHT DARAN" (fatte 'n giro e non ce pensa')

3) LA CANOTTIERA FANTASMA IN RENANIA
Situazione: Kordel, nei pressi di Treviri (Trier), Renania Palatinato, i primi tempi a casa dei futuri suoceri. Questo aneddoto ha il sapore di una ghost story
Sono da qualche giorno in visita insieme al novello boyfriend e ai fratelli con le rispettive fidanzate. Siamo insomma in una fase di conoscenza iniziale e iniziatica, mi muovo con difficoltà nella grande casa di campagna del pittoresco paesino renano immerso tra le colline della Mosella, e il mio tedesco è ancora RUDIMENTALE.

"Ndo' vai se l'idioma non lo sai?"
Mia suocera ha gentilmente fatto la lavatrice con gli indumenti di 8 persone - per la cronaca, ora quando ci si riunisce siamo 17, è una famiglia prolifica quella di  mio marito - e QUALCUNO ha iniziato a riporre i panni asciutti e piegati nelle rispettive camere. 
Entro nella mia cameretta e trovo una canottiera che non mi appartiene. La rimetto quindi nel cestone della biancheria pulita della Wäscheküche (lavanderia) e ne parlo a mia suocera, ringraziandola. Lei  mi fa: "Ma non sono stata io ad aver messo la canottiera sul letto."
Ok - penso - non fa niente, sarà stata allora una delle mie (future) cognate. Dimentico la story e tiro avanti per la mia strada.

DAS VERTEUFELTE UNTERHEMD 
(LA CANOTTIERA 'NDIAVOLATA)

Il giorno successivo entro in camera dopo la colazione e trovo la canottiera, la stessa del giorno precedente, piegata sul letto. Nella stessa identica posizione del giorno prima. Ritorno in cucina e dico a mia suocera che la canottiera incriminata è ritornata sul mio letto. Lei, imperturbabile, rimette su il disco del giorno prima: "Ma non sono stata io ad aver messo la canottiera sul letto." 

Prendo allora la canottiera e mi dirigo verso le future cognate.  Anche loro cadono dalle nuvole. Non ne sanno nulla. Di chi sarà mai quella canottiera? Ebbene non ci crederete ma dopo averla rimessa nella lavanderia per la seconda volta e aver intervistato tutti i membri della famiglia LEI, das Unterhemd è tornata di nuovo sul mio letto. Piegata e disposta nello stesso identico modo! La lezione che ne ho tratto: più chiedi e mostri di VOLER SAPERE, meno saprai.  

Perché in quel Paese chiamato Germania le domande sono spesso inutili, le cose (importanti e meno importanti) sono MESSE TUTTE per iscritto schwarz auf weiss (nero su bianco) e se non c'è traccia scritta, norma, legge, disposizione o convenzione ufficiale e chiara, allora ciò significa che la cosa non interessa nessuno, ergo non esiste, ergo FREGATENE.

 4) IL PACCO PROFANATO IN BAVIERA


"Tanto le Poste tedesche non fregano..."

Situazione: feste natalizie in agguato, lavoro nell'azienda di moda tedesca alle porte di Monaco di Baviera. Anno 2001, fuori nevica e nel reparto Customer Service il telefono squilla incessantemente. Clienti che riordinano capi per le boutique, fornitori in ritardo, agenti isterici che non trovano la gonna sotto al ginocchio per la clientela ebrea ortodossa, colleghi che sbuffano e pensano solo al Feierabend (la serata libera dopo il lavoro). 
Mia madre mi ha spedito un pacco da 3 settimane, un pacco di Natale pieno di leccornie, ma che stranamente non è ancora arrivato. Lo ha inviato all'indirizzo dell'azienda perché a casa non ci sono mai, quindi per evitare che vada perso è voluta andare a colpo sicuro. "Tanto le Poste tedesche non fregano, i tedeschi sono gente onesta, il pacco arriverà incolume a destinazione..." mi dice.
ABER SICHER DOCH

(COME NO).

Tre giorni prima di Natale vado nell'ufficio fighissimo delle stiliste, 3 fanciulle gnocchissime e gambalunga che lavorano nel modo seguente: all'inizio di ogni stagione si fanno una settimana a Firenze, a Palazzo Pitti, e assistono alle sfilate di moda italiana. Fotografano, scopiazzano, sbevazzano e tornano in Germania con schizzi e idee varie, che poi adattano agli standard della moda tedesca. Applicano quello che io chiamo "processo di Rottermeierizzazione"

Entro nell'ufficio di codeste menti altamente creative e vedo che le Charlie's Angels della Baviera stanno tagliando una grossa fetta di panettone. Provo un attimo di disorientamento. Mi avvicino, leggo la marca: è un panettone ternano. Mi si accende un lampadario! Guardo a destra: pacco sventrato. Guardo a sinistra: panettone pandoro, torrone e BEN 3 pampepati (dolci irresistibili tipici ternani) in bella mostra sopra al tavolo delle intrepide pulzelle. Riesco appena a blaterare un "Aber... DAS IST MEIN Weihnachtspaket aus ITALIEN!" (Ma quello è il MIO pacco dall'ITALIA!) e mentre lo dico sento un groppo di rabbia mista a disperazione che mi sale in gola. 

"Ste fije de 'na ballerina", avrebbe detto la mia amica romana!
Ce l'avevano loro il pacco de TERNI! Altro che "ritardi o furti perpetrati dalle Poste italiane" come avevo insinuato giorni prima. Prendo con rabbia la refurtiva, rimetto tutto nello scatolone e scappo via, lasciando le tre sfacciate a bocca aperta. Poi verifico il pacco: c'è scritto a caratteri cubitali il mio nome e cognome, il dipartimento Customer Service insomma tutto. Nulla che possa giusticare il benché minimo errore.

Che ve lo dico a fare? Nonostante le domande e le interviste a postini, segretarie et sim. non sono MAI riuscita a capire come quel SANTO pacco sia potuto atterrare nell'ufficio delle arpie, né come le stolte stilistine abbiano potuto avere la faccia tosta di aprirlo senza prendersi la briga di cercare BARBARA del Customer Service. 



Ma quel giorno ho capito che: i para..li tedeschi sono BEN peggiori di quelli italiani, e che se non chiedi non ti verrà mai dato, e che siccome non esiste nessuna legge, norma od ordinanza che vieti ESPRESSAMENTE di aprire i pacchi degli altri embè le OCHE GIULIVE se so' magnate il panettone artigianale ternano senza provare il benché minimo rimorso. E forse penseranno ancora oggi che sono stata davvero GRAUSAM (CRUDELE) a portarglielo via da sotto il naso, pòre stelle.

Alla prossima per altre assurde avventure d'expat!

Surrealmente vostra, 
p@rpra

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