Oscar: cosa succede davvero a Ventimiglia




Oggi ho l'onore di intervistare Oscar Romagnone: cittadino di Ventimiglia, linguista dalla solida formazione giuridica, nonché profondo conoscitore della realtà socio-politica transfrontaliera.

D: Oscar, riguardo l'atteggiamento di Macron nei confronti dell'Italia, qualcuno dice che "la miglior difesa è l'attacco". Che ne pensi?
R: Nell’esaminare la questione credo che occorra tenere presente il divario tra i contesti politici dei due paesi: Macron ha vinto in Francia raccogliendo il consenso dell’elettorato moderato e agitando i pericoli, veri o presunti, di movimenti populisti e sovranisti come quello di Marine Le Pen, mentre in Italia è accaduto l’esatto contrario. Movimento 5 Stelle e Lega hanno vinto grazie ad una campagna elettorale tutta giocata contro i partiti tradizionali e all’insegna dei bisogni più elementari e diretti del ceto popolare: lavoro, sicurezza e salute (quest’ultima intesa sia come diritto alle cure che come diritto a vivere e cibarsi secondo criteri più sani). È naturale, dunque, che alle tensioni tra i due paesi si sovrappongano pure gli antagonismi politici.
 
Nel merito delle vicende degli ultimi mesi ritengo, comunque, che l’atteggiamento di Macron sia sbagliato, e non mi riferisco certo a qualche parola o insulto di troppo nei confronti di noi italiani.  Pur nella consapevolezza che molto di quello che dice o che fa è da valutarsi in una prospettiva tutta domestica, cioè interna alla Francia, credo che come leader della seconda nazione europea potrebbe e dovrebbe osare qualcosa in più rispetto al consolidamento del suo consenso nazionale. Se è vero, come è vero, che intende proporsi come leader internazionale dovrebbe sfruttare il palcoscenico europeo per elaborare e lanciare un politica europea che segni un cambio di passo e voli decisamente più alto, preoccupandosi un po’ meno di non deludere ogni volta le aspettative del suo elettorato.


Oltretutto la Francia ha delle responsabilità enormi in Africa, non soltanto quelle storiche, legate alla stagione del colonialismo, ma anche molto recenti, per il ruolo esercitato nella destabilizzazione di diversi regimi del nord-africa e di quello libico in particolare. Mi pare quindi che sulla questione dei migranti l’Italia abbia ragioni da vendere e trovo che l’atteggiamento del nostro ministro degli interni Salvini, che pur non ho votato e non voterei, possa essere utile in questa fase specifica.

Battere i pugni sul tavolo e chiedere all’Europa di essere presi in maggiore considerazione era una cosa che andava fatta già molto tempo fa ma, come dice il proverbio, è sempre meglio tardi che mai! Venendo alla cronaca più recente penso che al netto dei proclami e dei trionfalismi del governo italiano - smentiti poi in parte dai fatti e dai numeri - il consiglio europeo di fine giugno abbia se non altro consentito di squarciare alcuni veli e contribuito a far emergere le posizioni dei singoli paesi in maniera più netta e meno ambigua.


La Francia, e altri paesi rivieraschi come la Croazia, hanno mantenuto la propria indisponibilità ad aprire i porti e ad accogliere le navi dei migranti ed è rimasto in vigore il principio che i paesi di primo approdo come l’Italia debbano farsi carico degli oneri relativi all’allestimento e all’organizzazione dei centri presso i quali procedere all’accoglienza, identificazione ed eventuale rimpatrio dei richiedenti asilo. Contrariamente a ciò che si proponeva il nostro premier Conte, l’accordo di Dublino non è stato messo minimamente in discussione- Di fatto non si è riusciti ad imporre un sistema di responsabilità condivise tra i 28 membri dell’UE, legato all’applicazione di sanzioni o a revoche di fondi e volto ad istituire una procedura di ripartizione e collocamento automatici dei flussi di migranti subito dopo il loro inserimento negli hotspot dei tre maggiori paesi di primo approdo: Italia, Grecia e Spagna.

Si è capito però che di questa politica europea paralizzata, che si riunisce per non decidere nulla, l’Italia ne ha le scatole piene e ciò potrebbe essere una premessa in grado di dare la sveglia a determinati ambienti e poteri. Spero che nei prossimi anni la coalizione giallo-verde alla guida del nostro paese sappia coniugare solidarietà con efficienza e sicurezza: è una scommessa sulla quale si giocherà il suo destino elettorale.

D: Da cittadino di Ventimiglia, percepisci un atteggiamento ostile o solidale nei confronti dei migranti?
R: È difficile rispondere a questa domanda anche se d’istinto mi verrebbe da dirti che è prevalentemente ostile. Credo che a partire dal 2015, anno in cui il fenomeno dei migranti ha iniziato ad esplodere a causa del blocco francese dei confini, l’amministrazione civica di Ventimiglia si sia spesa moltissimo per accoglierli e assisterli insieme ad altri enti istituzionali, a varie associazioni di volontariato nonché a tante persone comuni di buona volontà.

Tuttavia una foresta che cresce fa un rumore infinitamente minore rispetto ad un solo albero che cade e questo spiega il motivo per cui sui media, anche nazionali, abbiano trovato spazio soprattutto le proteste e le contestazioni dei miei concittadini contrari alla persistenza di un grosso centro di accoglienza per migranti, piuttosto che le voci a favore. È vero che nel corso del primo anno questo centro si trovava presso la stazione ferroviaria, tra l’altro a poche decine di metri dalla mia abitazione, ma già nel 2016 la Prefettura ne dispose il trasferimento presso l’ex Parco Roja, un parco merci ferroviario ormai in disuso ubicato in una zona molto lontana dal centro urbano.

"Credo che a partire dal 2015, anno in cui il fenomeno dei migranti ha iniziato ad esplodere a causa del blocco francese dei confini, l’amministrazione civica di Ventimiglia si sia spesa moltissimo per accoglierli e assisterli"

Ammetto che in un primo tempo si erano verificati disagi e inconvenienti riguardanti il pubblico decoro, per via del fatto che la distribuzione dei pasti avveniva a lato del piazzale antistante la stazione ferroviaria e dava luogo ad assembramenti e produzione di rifiuti tali da nuocere all’immagine della città, ma occorre anche riconoscere che in tutti questi anni non si sono mai verificati, per fortuna, problemi di ordine pubblico in senso stretto. Nessuna di queste persone ha recato danno ai residenti né si è resa responsabile di un qualche reato.

Perché dunque si è formata questa ostilità? Perché Ventimiglia ha una vocazione essenzialmente commerciale e il tessuto sociale della popolazione è formato in buona parte da commercianti i quali hanno tutto l’interesse a salvaguardare l’immagine di una città pulita e tranquilla, in cui il turista – inteso anche solo come cliente – possa sentirsi sicuro e a proprio agio. Occorre aggiungere che per ironia della sorte questa loro preoccupazione è sempre stata rivolta in prevalenza alla clientela francese che è, notoriamente, il vero motore dell’economia cittadina; la circostanza ha qualcosa di beffardo se solo pensiamo che la responsabilità ultima di questo stato di cose ricade proprio sulle autorità d’oltralpe! Se proviamo ad analizzare un momento il contesto politico locale troviamo altre conferme.

A Ventimiglia si è sempre respirata tradizionalmente un’aria di destra; nelle consultazioni elettorali degli anni 70 e 80 la Democrazia Cristiana registrava percentuali bulgare in tutta la provincia di Imperia, e nella città di confine in particolare. Con l’avvento di Berlusconi la città si è riscoperta forza-italiota, anche per la presenza in provincia di un politico di lungo corso come Claudio Scajola, destinato a ricoprire la carica di Ministro degli Interni qualche anno più tardi (e, attualmente, quella di sindaco di Imperia). Ora che siamo nella terza repubblica non può stupire il fatto che qui da noi la Lega si sia aggiudicata il 30% dei voti già la sera del 4 marzo, anticipando nei fatti il trend registrato da quel partito solo qualche mese più tardi, grazie alla politica di Salvini.
Io, per la cronaca, appartengo alla categoria dei delusi o, se preferisci, degli orfani della politica. Avevo aderito al PD fin dalla sua fondazione, e ne sono stato anche militante, ma poi me ne sono allontanato nel 2013, in occasione della seconda rielezione di Napolitano e del varo del governo Letta. Mi sono avvicinato al Movimento 5 Stelle che ho votato sia nelle precedenti consultazioni che nel marzo di quest’anno e ora seguo, come tutti, le evoluzioni di questo nuovo governo con l’auspicio di non vedere disattese le tante aspettative e speranze riposte nella coalizione che lo sorregge; come gli altri 5 Stelle cosiddetti “di sinistra” preferisco non pronunciarmi ancora del tutto sulla politica della Lega e di Salvini.

Credo che Di Maio abbia fatto bene a varare un accordo di governo con loro, considerata anche l’indisponibilità del PD e l’ostilità di Renzi, ma ritengo che dovrà cercare di dare un’identità più forte ai pentastellati, tutelandone la specificità e la ragion d’essere, se vuole scongiurare il rischio che la quota del proprio elettorato più sensibile ai temi della destra subisca il fascino del leader alleato e finisca col trasferire direttamente a quel partito i propri consensi.

Tornando a Ventimiglia e al tema dell’immigrazione concludo segnalando che sabato 14 luglio, mentre in Francia si celebrava la festa della Repubblica, si è tenuta qui in città una manifestazione a favore dei migranti che ha visto sfilare circa 4000 persone in modo del tutto civile, pacifico e gioioso; era stata indetta da alcuni collettivi “no borders” e da altre associazioni pro-migranti ma poi ha visto la partecipazione di tantissima gente comune nonché di associazioni provenienti da paesi esteri come Francia e Spagna.


D: Hai avuto modo di discutere con i francesi delle attuali vicende politiche?
R: No, le occasioni per discutere delle vicende politiche che vedono contrapposto il nostro paese a quello dei cugini d'oltralpe non sono state poi così numerose. È vero che mio padre aveva trascorso la sua infanzia a Mentone, dove la sua famiglia si era trasferita per alcuni anni, e quindi alcuni amici della mia famiglia di origine erano effettivamente francesi, ma sono rapporti che si sono persi con l'andar del tempo; in epoca più recente, negli anni Novanta, mi era capitato di lavorare per lungo tempo a Roquebrune-Cap-Martin  e poi ho continuato a mantenermi in contatto  con una parte dei miei colleghi di allora anche negli anni successivi. 
Oggi, infine, posso dire che molti dei clienti della mia attività di traduttore vivono in Francia e la Francia è un paese in cui mi reco sovente per fare acquisti o anche solo per svago. È molto raro, tuttavia, che si parli di politica con queste persone forse anche per via del fatto che il cittadino medio francese sembra meno politicizzato rispetto a quello italiano. A ciò che mi è parso di vedere, in Francia l'uomo della strada è molto più distante dalle grandi questioni del dibattito politico, sia interno che internazionale. È come se considerasse la politica una materia da 'addetti ai lavori' e, dunque, non si preoccupasse troppo di tenersi aggiornato sulle ultime notizie né di esprimere un'opinione su tutto.

Non mi è parso, dunque, che le estremizzazioni e il sensazionalismo impliciti in certe contrapposizioni mediatiche abbiano mutato l'atteggiamento con cui i francesi della zona di confine guardano a noi italiani. Inoltre, devo aggiungere che gli abitanti della Costa Azzurra non hanno certo un cuore che batte a sinistra se è vero, come è vero, che Marine Le Pen ha ottenuto il massimo dei voti proprio in questo dipartimento. Non si può dire, ad esempio, che la questione dei migranti sia in cima alle loro preoccupazioni, complici anche i media nazionali francesi nei quali queste vicende occupano uno spazio decisamente inferiore. Per molti di loro l'unica occasione di misurarsi con questo problema si presenta il venerdì, giorno in cui si recano tradizionalmente a Ventimiglia per fare acquisti presso il notissimo e frequentatissimo mercato settimanale.

D: Oscar, a quanto pare la gendarmerie non sta avendo un comportamento molto ortodosso nei confronti dei migranti, potresti raccontarci la tua esperienza di cittadino al confine tra i due Stati?
R: Abitando a Ventimiglia mi capita molto spesso di attraversare il confine e posso confermare che la decisione unilaterale della Francia di disapplicare gli accordi di Schengen per ragioni legate in un primo tempo al terrorismo, e poi al respingimento dei migranti, ha creato notevoli disagi agli italiani e, più in generale, a chiunque debba spostarsi da un lato all’altro della frontiera. I problemi più fastidiosi, logicamente, si sono registrati a carico dei lavoratori frontalieri per via degli inevitabili rallentamenti, per non dire ingorghi, che si formano ogniqualvolta la Gendarmerie o la Police nationale francese decide di procedere a controlli più minuziosi.





Il discorso non cambia, però, per i cittadini comuni a molti dei quali non è sfuggito l’atteggiamento spesso spavaldo e ‘muscolare’ degli agenti francesi. A questo proposito posso raccontarti un episodio capitatomi nel 2015, poco dopo la decisione del governo francese di reintrodurre i controlli alle frontiere. A quel tempo mi aveva raggiunto in Italia la mia fidanzata cubana a cui, ovviamente, feci visitare per prima cosa i luoghi più interessanti nei dintorni della mia città. Una sera, però, decisi di portarla a cena a Mentone per poi fare tappa anche nella vicina Montecarlo. Arrivammo alle spalle del Principato in auto, percorrendo l’autostrada, e lì, appena usciti dallo svincolo, ci imbattemmo in un posto di blocco della polizia [per la cronaca oggi è diventata una postazione fissa]. Mi chiesero di rallentare e di accostare il veicolo; una volta eseguita la manovra ricordo di aver abbassato il finestrino dal mio lato dopodiché si avvicinarono in tre, da lati opposti, e quello accanto a me mi chiese di mostrare loro i nostri documenti.

Mentre io gli porgevo i passaporti i due agenti che si trovavano dal lato della passeggera iniziarono a puntare la loro torcia all’interno dell’abitacolo senza cercare nulla di preciso e dopo un attimo la diressero verso la sua scollatura, accompagnando il gesto con un sottofondo di risatine di complicità davvero molto ebeti. Notando la mia stizza, il poliziotto che aveva eseguito il controllo mi restituì i due documenti non senza raccomandarmi di fare attenzione al fatto che il visto “Schengen” sul passaporto della mia fidanzata sarebbe scaduto il mese successivo. Rimasi piuttosto irritato e mortificato per quanto era successo e ci allontanammo provando dentro di noi un senso di squallore per quanto era successo. 


Le cronache più recenti riportano, purtroppo, episodi ben più gravi; mi riferisco agli sconfinamenti delle pattuglie francesi in territorio italiano (ad esempio nel comune di Airole) al di fuori dei casi specifici, regolamentati dagli accordi di collaborazione tra i ministeri degli interni dei due paesi (inseguimenti o perlustrazioni in flagranza di reato). Mi riferisco, soprattutto, al triste fenomeno del respingimento dei minori non accompagnati, in barba a tutte le norme internazionali che regolano questa materia.


Sembra che in alcuni casi i poliziotti francesi arrivino perfino a tagliare le suole delle scarpe di questi ragazzini per impedire loro di tornare sui propri passi o a rendere inutilizzabili le loro sim telefoniche in modo che non riescano a mettersi in contatto con amici o parenti residenti in Francia. Si tratta però di informazioni attinte dagli organi di stampa di cui non ho avuto finora alcun riscontro personale.
Grazie Oscar per questa preziosa e illuminante testimonianza.













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