Scuola francese: Selezione Stress & Serietà

Quando arrivammo in Provenza nel 2004 fu per me una boccata d’ossigeno: finalmente al Sud, dopo quasi 4 anni di Baviera! Mare vicino, frutta saporita, gente che diceva Bonjour, a volte addirittura col sorriso sulle labbra! 
Pappo aveva un anno ed era il neonato più pacioso e dormiglione del mondo. Insomma, una favola. Certo che sì...


Tutto cambiò quando dovetti iscriverlo all’asilo

Primo problema: all’epoca non lavoravo e in qualsiasi scuola statale mi sarebbe stata preclusa la mensa (riservata solo ai figli della mamme lavoratrici). Tradotto: sarei dovuta andarlo a prendere alle 11:45, ora in cui la mamma italiana sta rimestando il sugo per la pasta.

Oltretutto scoprii che non potevo scegliere l’asilo perché vincolata alla carte scolaire. In soldoni: dovevo iscrivere mio figlio alla scuola più vicina al mio domicilio. 

Iscrissi così Pappo all’asilo del quartiere adiacente e notai subito una cosa strana. L’asilo si trovava in un quartiere popolare (cité) abitato al 95% da immigrati e maghrebini ed era a poche centinaia di metri dalla mia abitazione ma, cosa inspiegabile, c’erano pochissimi bambini francesi. 

Dove diavolo iscrivevano i figli i miei taciturni e cerimoniosi vicini? Sì perché anche loro, essendo vincolati alla famosa carte scolaire

Una più scaltra avrebbe sentito subito puzza di bruciato,  ma io continuai a indagare, sempre con molta cautela per non irritare il vicinato così parco di parole e geloso della propria privacy.


Benché le risposte fossero ogni volta vaghe e nebulose, riuscii a intercettare un paio di espressioni che allertarono i miei neuroni perché ricorrenti come un mantra: mal fréquenté (= il quartiere dell’asilo), mixité sociale (= ok  il contatto tra varie classi sociali, ma insomma...).


Capii: i francesi non ce li mettevano i figli in quella scuola materna, e per un semplice motivo. Perché ci andavano i figli dei maghrebini, dei senegalesi e via dicendo; insomma i francesi di origine xy e, soprattutto, perché ubicato in un quartiere popolare.



Ammetto che ci rimasi male.  
Infatti vedevo ancora le cose dalla candida, rassicurante montagna del sapone: l'ingenua vetta in cui trionfa una fiducia cieca nella liberté, égalité, frater... slogan da sempre associati al popolo di Voltaire, l’Illuminismo, il paese della libertà.

Risultato: per poco non andai in depressione.

Ma la doccia gelata arrivò, puntuale e illuminante, quando la maestra di mio figlio mi chiese: "Madame, ma lei ha intenzione di lasciare il bambino dans le secteur?" (la circoscrizione). Epifania: capii che dovevo proprio darmi da fare per fargli cambiare scuola. Lo feci a malincuore ma mi dissi

a Roma fai come i Romani




Iniziò così la lunga e penosa trafila per cercare una école privée nel quartiere. E  mi resi conto della mia ingenuità: ecco dove iscrivevano i figli i miei vicini! E infatti… ma, e qui entra in gioco la strisciante selezione sociale operata dal sistema scolastico, prima di entrare a far parte del club dovetti riempire moduli con tanto di professione moglie-marito, nome del datore di lavoro, ecc. Non solo: dovetti redigere una lettera di motivazione e, infine, fui piazzata sulla lista d’attesa. Numero 49, ricordo ancora!  

Oltretutto e col senno di poi, vista la difficoltà di molti francesi a scrivere nella loro lingua penso – malignamente, ne prendo atto – che quella lettera serva proprio a fare una prima, impietosa scremata.


Ma ormai avevo capito l’antifona. Dovevo cercare un coup de piston, una spintarella, perché nel frattempo qualche mamma che conoscevo mi aveva confidato che con le conoscenze giuste si poteva entrare più facilmente in quelle scuole… non mi scandalizzai (la montagna del sapone era ormai un lontano ricordo) anzi: ammirai i francesi per il modo felpato con cui facevano "certe cose". Mmm.

Insomma: noi italiani ci saremmo pavoneggiati divulgando la furbata ai quattro venti – oh! io sono entrato perché conosco un tizio influente – mentre loro certe cose sanno farle con classe. Qualche vicina, in vena di confidenze, ammise persino - sussurrando - di aver chiesto una dérogation al comune per iscrivere i figli sì in una scuola statale, ma in un altro quartiere (bien fréquenté, naturalmente). 

Per me fu l’ennesimo “crollo delle illusioni”. No, la scuola non era égalitariste, ma élitise. Ed era ormai chiaro come il sole che la selezione si basava inizialmente su un fattore preciso: l’estrazione sociale – ergo: quartiere di appartenenza, retta scolastica, professione dei genitori… 
La scuola italiana sarà scaduta, ma siamo ancora lontani da uno scenario del genere. O no?
A onor del vero, devo dire che le scuole private in Francia hanno un costo relativamente accessibile. Ma una cosa è certa: non così accessibili da poter accogliere i bambini dei quartieri popolari (le cités). Questo perché viene operata a monte una strisciante…


Selezione

Ma ritorniamo alla spintarella


Precisazione necessaria: le scuole private sono nella stragrande maggioranza cattoliche, ossia i programmi scolastici comprendono l’ora di religione. Che, però, è facoltativa – difatti non poche famiglie musulmane preferiscono le scuole cattoliche a quelle statali. Non solo: le varie ricorrenze vengono festeggiate con spettacoli, mercatini e animazioni varie. Cosa buona e giusta, direte voi, se non fosse che partecipare a tali “eventi” è sconfortante. Lo dico perché è da ben 9 anni che bazzico tali ambienti – e da qualche anno non vado più a queste festicciole show off dove si parla di corsi e attività extra-scolastiche, club esclusivi dove festeggiare il compleanno dei bimbi, piscine in giardino e altre cose che – sono acida, lo so – mi annoiano da morire 



Insomma, alla fine sapendo che la scuola privata cattolica tanto agognata era collegata alla parrocchia del quartiere, feci una cosa della quale mai e poi mai sarei stata capace nella mia prima vita italiana – infatti lo scrivo piccolo per esprimere il senso di vergogna che suscita in me la vicenda:




presi appuntamento con il parroco, sfoderai un sorriso tutto italico e precisai che venivo dalla regione di San Francesco (la parrocchia era dedicata al Santo omonimo). Dopo aver esposto il mio “problema”, l’ecclesiastico, simpaticissimo e disponibile, mi disse: – non si preoccupi Madame, conosco bene la direttrice!


Risultato: qualche settimana dopo mi telefonarono per dirmi che si era liberato un posto nella classe di moyenne section (secondo anno di asilo). Non so se l’improvvisa escalation fu dovuta alla telefonata del parroco, o se si era veramente liberato un posto. 


Non lo so e non lo voglio sapere.


Risultato: Pappo si ritrovò in classe con alcuni dei figli dei miei vicini, improvvisamente divenuti più loquaci - oltre al Bonjour di rito iniziarono ad articolare anche qualche monosillabo. Chiaro: ormai facevamo parte anche noi del club

E ora passiamo allo…


Stress


Ebbene sì, qui scuola rima anche con stress.

Perché? Perché i bambini hanno in linea di massima gli stessi giorni di vacanze che in Italia, ma:

1) l'orario scolastico è dalle 8:30 alle 16:30

2) non si va a scuola il mercoledì né il sabato – alla scuola media hanno lezione il mercoledì mattina e ora hanno messo l’obbligo anche alle elementari, che rimane tuttavia facoltativo per le scuole private - scuole (sedicenti) d'élite che fanno il comodo loro

3) ogni 6 settimane ci sono 2 settimane di vacanza
4) tutte queste interruzioni impediscono l'instaurarsi di una routine vera e propria

5) le scuole chiudono a inizio luglio, periodo in cui, a seconda delle regioni, si arriva a temperature tropicali
6) gli insegnanti sono sotto pressione perché devono terminare il programma scolastico - qui gli ispettori scolastici passano eccome.


Non solo: anche il modo di concepire la scuola è stressante. Si esige molto dagli alunni, soprattutto in termini di disciplina. Persino i bambini della scuola materna passano molto tempo seduti (!), e fin dai primi anni si dà molta importanza all’apprendimento non ludico ma nozionistico. 



Ricordo di aver avuto non so quanti colloqui con le maestre perché i miei figli si muovevano troppo, scherzavano troppo con i compagni, ridevano troppo forte (italiani?); insomma non rientravano nel moule (lo stampo) – la casellina in cui ogni individuo deve trovare la sua collocazione. 


Certo, i bambini qui sono senza dubbio più educati dei loro coetanei italiani – il che è positivo – ma secondo me (e anche molti francesi concordano su questo), si dovrebbe dare maggior spazio al movimento, la creatività, la gioia di vivere che manca tanto in questo Paese.

E, parlando di educazione, passiamo alla terza S, quella che riequilibra i piatti della bilancia. 




 Serietà

Su questo non ci piove: la scuola francese è seria
Va bene, io ho esperienza soprattutto di scuole private, ma anche durante il primo anno di asilo nella scuola statale ho sempre avuto un’ottima impressione. 

La disciplina è importantissima, i bambini vengono puniti (punizioni discutibili, del tipo scrivi 20 volte “non devo parlare col mio compagno di banco”, oppure 30 volte “in classe sto seduto composto", "non prendo in giro tizio e caio”) molto facilmente – diciamo che il metodo disciplinare è piuttosto all’antica. 
E questo non mi dispiace. Non che sia tradizionalista, ma visto il senso civico dei francesi non si può che essere d’accordo, perlomeno in linea di principio.

Sempre riallacciandomi al discorso della serietà, qui si fa educazione civica già alla scuola materna. Rimasi piacevolmente sorpresa quando mio figlio mi fece firmare una pagellina con delle voci che la dicevano lunga sull’inquadramento dei bambini a scuola:

·       non infastidire i compagni di classe
·       non prendere in giro
·       non interrompere gli altri mentre parlano
·       dire sempre grazie, per favore, prego, buondì,...



Per noi italiani è una boccata d’ossigeno (ma una sola).
Anche per quanto riguarda i ritardi, tutto viene sempre segnalato e le comunicazioni devono essere firmate dal genitore. E non si sgarra: se il bambino dimentica di far firmare, viene sgridato (oppure lo si annota nel registro, come è successo a mio figlio maggiore al collège, la scuola media, per un ritardo di 3 minuti).

Lo stesso dicasi per gli insegnanti – che meriterebbero un post a parte - il minimo "problema" viene segnalato ai genitori, ad es. se il bambino ha difficoltà di apprendimento, oppure ha un comportamento troppo vivace in classe, ha fatto pipì in modo strano, ride troppo forte, ecc. 
Eh oui.


Spesso le classi sono così numerose (30 alunni in media) che gli insegnanti consigliano di rivolgersi a specialisti – e per ogni problematica o quasi ce n’è uno! I francesi, infatti, non esitano a consultare delle figure professionali specifiche in caso di difficoltà; io stessa, nel mio piccolo... non li conto più.

Una cosa è certa: i francesi attribuiscono una importanza eccezionale alla scuola e la scelta di tal o tal istituto viene fatta in modo oculato (v. sopra) sin dalla più tenera età.

Insomma, come avrebbe detto mia nonna:
qui c’è poco da scherzà!



skolastikamente vostra
p@rpra



Link sulla scuola francese:

éducation nationale 
sistema scolastico dalla materna al liceo
elenco scuole italiane all'estero 
elitismo scolastico
scuole private in Francia



Immagini prese da Internet

Commenti

  1. Non sapevo che in Francia fosse così...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Salve anonimo,
      non lo sapevo neanch'io e ancora me ne devo capacitare. Continuo a preferire il sistema italiano, nonostante tutte le pecche e il degrado...
      Ciao, Barbara

      Elimina
  2. Carissima cugina, finalmente eccomi a lasciare un commento su questo tuo interessantissimo e umoristico blog!!
    Per fortuna che la SDRAMMATIZZAZIONE non ti manca e neanche il senso critico!!!
    Allora diciamo che da noi ancora si fa differenza un po' tra SCUOLA DI PERIFERIA E DEL CENTRO anche se poi con obiettività si riconoscono pregi e difetti dell'una e dell'altra.
    Sofia il prossimo anno inizierà la medesima scuola media , dove siamo state anche noi e sono rimasta piacevolmente colpita dalla vivacità, voglia di fare e attenzione alle peculiarità di ogni alunno, che chiaramente trasparivano durante l'incontro a cui ho partecipato qualche settimana fa.
    In merito al ruolo di insegnante posso invece dire, sulla base della mia esperienza, che nella scuola pubblica si ha MOLTA LIBERTA' per esprimersi al meglio con gli alunni.... basta imparare a resistere alle PRESSIONI di qualche preside e lavorare con serietà per avere riconoscimenti!!
    Staremo a vedere cosa proporrà l'attuale governo, anche se una cosa l'ho imparata girando quasi tutte le scuole della provincia dal 2007 ad oggi: la scuola la fanno LE PERSONE CHE CI LAVORANO, dall'insegnante ai collaboratori scolastici, al personale di segreteria e muovendosi con educazione e determinazione si lascia di sé una buona impressione e soprattutto un modello utile per i ragazzi!!
    Alla prossima, Roberta

    RispondiElimina

Posta un commento

Chi lascia un commento vince un caffè!

Post popolari in questo blog

"La magia di pensare in grande" di David Schwartz

Marinella Colombo: l'incubo dello Jugendamt e il collaborazionismo degli altri paesi