La scuola francese è una corsa a ostacoli!



Intervista a Silvia, expat in Provenza e mamma di quattro meravigliosi bimbi.

D: Silvia, ti sei trasferita a Manosque nel 2016. Come è nato il desiderio di espatriare? 

R: Diciamo che non è stato un vero e proprio desiderio di espatriare, ma siamo stati spinti dalla necessità di stare insieme. Noi abitavamo a Ravenna ma mio marito non ha mai avuto il classico impiego e quindi era sempre fuori città per lavoro

A volte tornava nei fine settimana, a volte lavorava una settimana a Ravenna e una fuori...insomma, la classica vita di famiglia dove ci si ritrova la sera a cena era un po' difficile farla. 


Nel 2014 è partito per la Bulgaria, tornando a casa per 15 giorni al mese e mezzo/due. 

All'epoca io avevo un lavoro full time, due bambini di 3 e 6 anni e nessun nonno vicino, solo una santa baby-sitter, però a pagamento! 

Dovetti chiedere il part time (e con quanta fatica lo ottenni! E qui bisognerebbe aprire una parentesi grande come una voragine...) e fare la rinuncia agli studi (da qualche anno mi ero iscritta all'università studiando quando mio marito era in città, ma da sola era praticamente impossibile). 

Fu un periodo difficile per tutti, dal punto di vista fisico e psicologico. 

Quando si prospettò il lavoro in Francia, fu l'occasione finalmente per ritrovarsi, per fare davvero famiglia e anche per intraprendere un'avventura all'estero che in generale è stimolante sotto tutti i punti di vista.

D: I tuoi figli vanno alla scuola internazionale di Manosque, come è avvenuto il passaggio dalla scuola italiana a quella francese?

R: Risposta sintetica: pensavo peggio e avevo paura per loro, ma è andato tutto bene! Allora, una delle più belle garanzie che ci venivano date era di poter continuare a studiare l'italiano e quindi di non perdere in nessun modo la nostra identità, anche in vista di un ritorno futuro in patria.



La scuola mette a disposizione un servizio di FLE - Français Langue Etrangère - per i bambini appena arrivati che non spiccicano una parola di francese.

Possiamo dire che il passaggio in una scuola del genere è fatto in modo soft perché alla materna ed elementare, due giorni alla settimana sono dedicati all'insegnamento della madrelingua (quindi per noi l'italiano), il che per i bambini è davvero rassicurante. 

E per me, che tengo tantissimo alla lingua italiana, è davvero fantastico.

D: Alla scuola internazionale puoi osservare lo svolgimento del programma francese e italiano. Quali differenze noti? 

R: La cosa che salta più all'occhio è lo studio della storia (almeno per me).

Mentre da noi si parte dalla preistoria e man mano si va avanti con la linea del tempo, nella scuola francese utilizzano il cosiddetto metodo circolare, che devo dire non ho ancora ben capito...



Faccio un esempio: ora mia figlia è in IV elementare e in italiano ha studiato i Sumeri, gli Egizi, le civiltà dei fiumi. Nel programma francese, invece, ha studiato... i Merovingi! 

Un altro spunto interessante è che lo studio del latino è del tutto facoltativo!

Purtroppo, la scuola internazionale non lo prevede dato che i ragazzi sono già alle prese con lo studio della propria lingua più il francese e l'inglese, ma nelle normali scuole francesi è una materia “su richiesta”. 

Ai miei occhi di italiana è una cosa molto strana e un vero peccato, vista l'importanza della civiltà romana e il suo apporto per la formazione delle lingue europee.



Altra cosa degna di nota è che la scuola francese è molto selettiva e tutto il metodo è focalizzato sul miglioramento dei risultati. Obiettivo encomiabile, ma le aspettative a volte possono creare stress e senso di inadeguatezza. 

L'inclusione, poi, è merce rara. 

Se non stai al passo, non fai parte dell'élite e non si torna indietro per aiutarti.

D: Molte famiglie straniere hanno problemi con la scuola francese, secondo te da cosa dipende?

R: Ecco, forse proprio dall'ultima parte della risposta precedente.

Fin dalla materna, i bimbi sono considerati studenti a tutti gli effetti, con obiettivi scolastici da raggiungere, e se per tua sfortuna non rientri nei loro parametri, sei visto come "diverso". 



E non sarà la scuola a venirti incontro ma tu studente a dover rimetterti in pista e... rincorrere la scuola.

D: L’immagine che avevi della Francia prima di trasferirti corrisponde alla tua esperienza?

R: Diciamo che avevo l'immagine di una nazione vicina, con una lingua con le stesse nostre radici, quindi l'avevo sempre considerata per certi versi simile all'Italia

Bisogna ora ammettere che l'affinità vale al 50%. 

In questi anni ho avuto conferma di questa bella percentuale scoprendo tuttavia anche il rovescio della medaglia fatto da una burocrazia che non ha nulla da invidiare alla nostra in fatto di labirinti, di lentezza atavica per ottenere un banale preventivo e anche di fantasiosi accostamenti culinari! ;-)


D: Dove ti vedi tra 5 anni?

R: Vivere al'estero è un'avventura straordinaria, stimola l'apertura mentale, ti offre davvero molto e consiglio a chiunque di farla nel caso venisse offerta questa opportunità… ma fra 5 anni vorrei essere in Italia.  

Fin dall'inizio non abbiamo mai detto “per sempre” e sapevamo che sarebbe stata una parentesi, magari anche lunga. 

Mettiamola così: è il nostro obiettivo perché, nel bene e nel male, per noi l'Italia è sempre l'Italia!

Grazie mille Silvia, buon proseguimento e... buona scuola ;-)


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